Washington, 10 aprile 2025 — Il report dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) di marzo ha sorpreso mercati e policymaker: l’inflazione headline è scesa inaspettatamente su base mensile, e sia i dati mensili che annuali indicano un ulteriore progresso nel percorso disinflazionistico.
Secondo il Bureau of Labor Statistics (BLS), il CPI headline è diminuito dello 0,1% su base destagionalizzata, segnando il primo calo mensile da ottobre 2024. A febbraio l’indice era salito dello 0,2%. Su base annua, il CPI è aumentato del 2,4%, in calo rispetto al 2,8% del mese precedente, e inferiore alle attese degli analisti.
Questi dati segnalano una debolezza generalizzata dei prezzi al consumo, in particolare nei settori energetico e dei servizi.
L’indice dell’energia è sceso del 2,4%, trainato da un calo del 6,3% dei prezzi della benzina, che ha più che compensato gli aumenti di elettricità (+0,9%) e gas naturale (+3,6%). Su base annua, l’indice energetico è in calo del 3,3%, con i prezzi della benzina in ribasso di quasi il 10% rispetto a marzo 2024.
L’inflazione alimentare resta sostenuta. L’indice dei prezzi del cibo è aumentato dello 0,4% a marzo: +0,5% per il cibo consumato in casa, +0,4% per il cibo fuori casa. Su base annua, l’inflazione alimentare si attesta al 3,0%, continuando a pesare sui bilanci familiari.
L’inflazione core (che esclude alimentari ed energia) è aumentata dello 0,1% su base mensile, il minimo da fine 2023. Su base annua, l’indice è salito del 2,8%, il livello più basso dal marzo 2021.
I costi per l’abitazione restano persistenti:
Nonostante la debolezza mensile, i costi abitativi sono ancora in aumento del 4,0% su base annua, continuando a rappresentare una componente chiave dell’inflazione core.
Altri dati misti:
I grafici riportati da CNBC mostrano chiaramente il continuo rallentamento del CPI sia headline che core su base annua, confermando un trend disinflazionistico iniziato a metà 2022. Il tasso del 2,4% rappresenta un ritorno a livelli non visti dal 2021.
Su base mensile, il calo di marzo è il secondo negativo dal novembre 2024, e il più marcato da quello registrato durante la pandemia.
Nonostante il dato CPI suggerisca disinflazione in atto, il percorso futuro per la Federal Reserve si complica a causa dei nuovi rischi inflazionistici derivanti dalla politica commerciale. L’amministrazione Trump ha infatti annunciato una nuova ondata di dazi. Queste misure, parte di un orientamento protezionistico più ampio, potrebbero generare nuove pressioni sui costi in settori chiave, con potenziali effetti a catena sull’indice CPI nei prossimi mesi.
Come evidenzia CNBC, se da un lato i mercati hanno inizialmente accolto positivamente il calo dell’inflazione, l’annuncio dei nuovi dazi ha introdotto un elemento di incertezza. L’aumento dei costi di importazione potrebbe limitare la flessibilità della Fed nel tagliare i tassi, soprattutto se l’inflazione sui beni dovesse tornare a salire.
Nonostante i dati deboli di marzo, alcuni membri del FOMC potrebbero dunque adottare un approccio più prudente, in attesa di valutare gli effetti di secondo livello dei dazi prima di procedere con eventuali tagli.
Dopo la pubblicazione:
Tuttavia, parte dei guadagni è stata completamente ridimensionata, man mano che gli investitori hanno riconsiderato le implicazioni inflazionistiche delle nuove barriere commerciali, tema destinato a restare centrale nel secondo trimestre.
Il report di marzo conferma i progressi significativi della Fed nella lotta all’inflazione: sia l’indice headline che il core stanno convergendo verso i target. Tuttavia, il quadro resta incerto.
Se da un lato il tasso del 2,4% su base annua apre la strada a possibili tagli dei tassi, dall’altro lato la nuova strategia commerciale dell’amministrazione Trump introduce rischi rialzisti sull’inflazione che potrebbero costringere la Fed a riconsiderare i tempi dell’allentamento monetario.
Per ora, i mercati restano moderatamente ottimisti, ma i prossimi mesi saranno determinanti per capire se la disinflazione potrà proseguire in un contesto geopolitico e commerciale più complesso.
Tra l’altro, in momenti normali dati come questi avrebbero fatto risalire fortemente i bond USA e anche l’azionario, perchè il mercato avrebbe stimato maggiori tagli da parte della FED. In questo momento di grande incertezza e paura invece c’è una fuga clamorosa dai bond USA e dalle azioni (questo fa anche si che il Dollaro resti debole nonostante un ampliamento del differenziale di tasso con l’Euro ad esempio), e questo fatto potrebbe diventare molto pericoloso. Il mercato dei Treasury è tra i più grande al modo, ed effetti contagio su altri mercati sono sempre all’orizzonte. Infine, non dimentichiamoci che in USA sono evidenti i segni del rallentamento economico, e un’inflazione bassa o comunque più bassa delle attese potrebbe anche voler dire che il rallentamento economico è più vicino di quanto sembri.